lunedì 29 aprile 2013

Attacco missilistico a Camp Liberty


 Chede al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e il Segretario di Stato degli Stati Uniti per il ritorno immediato dei residenti di Campo Liberty ad Ashraf
 
CNRI-Alle 17:50 ora locale di Baghdad, Camp Liberty è stato attaccato di nuovo.almeno 20 razzi hanno colpito  direttamente il campo. Perdite umane non sono state ancora riportate. Un numero considerevole di razzi ha colpito i canali d'acqua nella parte meridionale del campo.
  
il governo iracheno e Martin Kobler dal precedente attacco, il 9 febbraio, non hanno mai risposto alla richiesta di esigenze per sicurezza essenziali della protezione dei residenti,

non stata mai riportata un un singolo muro a T di protezione, di 17.500, il trasferimento dei caschi protettivi e giubbotti anti- proiettile e le attrezzature mediche non è stato dato il permesso di essere trasferiti da Ashraf. non è stato permesso di aumentare del mezzo chilometro quadrati della superficie del campo e neanche il diritto di lavori di costruzione.

in collusione criminale con il governo iracheno e Kobler, i residenti indifesi volutamente sono stati lasciati senza protezioni. I residenti chiedono un immediato ritorno ad Ashraf, che è molto più sicuro per la sua carattere strutturale e la sua ampiezza .

La signora Rajavi chiede al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e il Segretario di Stato degli Stati Uniti a prendere le misure immediate per trasferimento i residenti di Campo Liberty ad Ashraf

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana



martedì 23 aprile 2013

IRAN: FERMIAMO LA DELEGAZIONE EUROPEA CHE VUOLE STRINGERE LA MANO AL REGIME


Secondo quanto scrive l’Huffington Post, edizione inglese, una delegazione del Parlamento Europeo sarebbe pronta a raggiungere l’Iran, per una visita di dieci giorni nella Repubblica Islamica. Secondo quanto abbiamo appreso sinora, la delegazione sarebbe atterrerebbe a Teheran il 28 aprile e sarebbe composta da tree membri della “Commissione per le Relazioni con l’Iran”. Due membri della delegazione saranno, quasi certamente, Chair Tarja Cronberg, Presidente della Delegazione e la sua vice Cornelia Ernst. Il terzo nome è finora ignoto e temiamo possa essere un italiano, considerando che nella Delegazione UE fanno parte tre onorevoli italiani: Potito Salato (Pdl), Sergio Cofferati (Pd) e Oreste Rossi.
Riteniamo che questo possibile viaggio della Delegazione dell’UE rappresenti una vergogna e ci auguriamo sinceramente che nessun rappresentate italiano accetti prenderne parte e di stringere le mani grondanti di sangue dei membri del regime iraniano. Chi deciderà di far parte della delegazione che si recherà in Iran, dovrà assumersi la responsabilità di aver portato avanti – ancora una volta – una strategia di appeasement che rafforza il regime e le sue nefandezze.
A proposito di nefandezze, tanto per informare i nostri cari deputati europei, in questi giorni il regime iraniano ha approndito il suo sostegno a Bashar al-Assad. Le forze di Hezbollah – totalmente sostenute da Teheran – sono entrate in massa in Siria, sostenendo le milizie Baathiste lungo il confine con il Libano. In Iran, nel frattempo, è giunto il capo di Hezbollah, il terrorista Hassan Nasrallah. In un incontro privato con la Guida Suprema Ali Khamenei e il Capo della Forza Quds Qassem Soleimani, Nasrallah ha garantito il sostegno incondizionato del “Partito di Dio” alla strategia del regime iraniano, non solo sulla Siria, ma anche nelle altre questioni chiave che toccano direttamente gli interessi iraniani.
Le mani del regime iraniano, però, non si fermano alla Siria: in queste ore, infatti, la polizia canadese ha annunciato l’arresto di due membri di al-Qaeda che, secondo le prime indicazioni, pianificavano un attacco alla linea ferroviaria Toronto-New York. Pur non accusando direttamente il regime iraniano di aver ordinato il possibile attacco, la polizia canadese ha dichiarato che i due fermati avevano ricevuto un “sostegno da elementi di al-Qaeda presenti in Iran”. D’altronde, questa nuova indiscrezione, non fa che confermare i rapporti di lungo corso tra la Repubblica Islamica e il movimento terrorista sunnita “La Base”, relazioni da noi denunciate chiaramente qualche mese fa.
Speriamo davvero che la delegazione europea decida di cancellare il viaggio in Iran e aderisca totalmente alla sola strategia che può fermare il criminale regime iraniano: l’isolamento diplomatico totale del regime e la fine di ogni rapporto politico ed economico, sino a quando gli Ayatollah non la smetteranno di abusare dei diritti umani, reprimere l’opposizione interna, lavorare alla costruzione della bomba atomica, finanziare il terrorismo internazionale e mettere costantemente in pericolo la stabilità della Comunità Internazionale.

lunedì 22 aprile 2013

IRAN: IMPICCATI ALMENO 14 PRIGIONIERI

  almeno 14 persone sono state impiccate in Iran negli ultimi giorni

Il primo detenuto, hanno riportato media statali, è stato impiccato la mattina del 17 aprile nella prigione di Zarand, nella provincia di Kerman.
Era stato condannato per il traffico di 1875 grammi di eroina e aveva 41 anni.
Altri due uomini, di 21 e 41 anni, sono stati giustiziati sempre il 17 aprile nel carcere di Mashhad dopo essere stati condannati per stupro.
Secondo fonti giudicate attendibili da Iran Human Rights, due prigionieri sono stati impiccati di mattina nel carcere Rajai Shahr di Karaj per omicidio, sempre il 17 aprile.
Si tratta di Hossein Cheflaki, nato nel 1988 e arrestato nel 2007, e di un altro uomo non identificato.
Queste due ultime esecuzioni non sono state riportate da fonti ufficiali.
Nove persone sono state impiccate il 16 aprile nella provincia iraniana di Fars per rapine a mano armata, omicidi e sequestri, hanno reso noto le autorità locali.
Dei nove impiccati, sei sono stati giustiziati in pubblico mentre i restanti in carcere, ha precisato il sito della magistratura provinciale, identificandoli solo con le iniziali.
Erano stati riconosciuti colpevoli di "Moharebeh," (guerra contro Dio), per aver commesso "ripetute rapine a mano armata, omicidi e rapimenti".
Per saperne di piu' : http://iranhr.net/http://iranhr.net/

venerdì 19 aprile 2013

Diplomatici: “Il regime iraniano sta installando 600 centrifughe high-tech”


Associated Press – Alcuni diplomatici dicono che l’Iran ha triplicato l’installazione di macchinari high-tech nella sua principale struttura per l’arricchimento (dell’uranio), portandoli ad oltre 600 in tre mesi. Questi macchinari potrebbero essere usati nell’ambito di un programma nucleare. Dicono che questi macchinari non stanno ancora producendo uranio arricchito e che alcuni potrebbero essere solo parzialmente installati. Ma questa nuova mossa è l’ultimo segnale che 10 anni di sforzi diplomatici non sono riusciti a convincere Tehran ad abbandonare il suo programma per l’arricchimento dell’uranio.
Suggerisce anche che l’Iran possiede la tecnologia e i materiali per la produzione di massa di centrifughe che possono arricchire l’uranio molto più velocemente delle attuali.
Tehran dice di stare arricchendo l’uranio solo per ottenere energia nucleare, non armi.
I due diplomatici mercoledi hanno chiesto di restare anonimi, perché non sono autorizzati a rivelare la loro conoscenza delle ispezioni dell’Agenzia per l’Energia Atomica.

martedì 16 aprile 2013

Iran – foto: Nove detenuti impiccati pubblicamente a Shiraz


Con un atto barbaro, il disumano regime clericale martedì ha impiccato 9 detenuti. Sei di loro (in due gruppi di quattro e due) sono stati impiccati in pubblico per creare nella società un’atmosfera di terrore.
Gli altri 3 sono stati giustiziati nella terrificante prigione Adel-Abad di Shiraz.
Il regime clericale al governo in Iran ha giustiziato 82 detenuti in pubblico e in prigione nell’arco di 13 giorni (19 febbraio-3 marzo). Ciò mentre le notizie su molte esecuzioni capitali non escono mai dal carcere.
La Resistenza iraniana si appella alla comunità internazionale e a tutti gli organismi umanitari perché si adoperino urgentemente per fermare le esecuzioni capitali in Iran.
Segreteria del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana
16 aprile 2013

Iran: ecco la lista dei candidati presidenziali


Maryam Rajavi: soccorso autonomo ai terremotati di Saravan è un compito patriottico

Terremoto con un magnitudo di 7,8 gradi della scala Richter  in Iran, nelle città Saravan e KhashIn seguito al terremoto con un magnitudo di 7,8 gradi della scala Richter  in Iran, nelle città Saravan e Khash nella regione Sistan e Baluchestan, la signora Maryam Rajavi presidente eletta della Resistenza Iraniana ha espresso le sue condoglianze ai famigliari delle vittime e augurato pronta guarigione per i numerosi feriti.  Rajavi ha chiesto a tutti gli iraniani nella regione di Sistan e Baluchestan e delle regioni limitrofe di soccorrere la popolazione terremotata per tirala fuori dalle macerie e portarla negli ospedali. Presidente della Resistenza Iraniana ha detto che: “visto gravi ritardi del regime dei mullà a soccorrere i terremotati e la sua tendenza a mostrare in maniera riduttiva i danni la mobilitazione popolare per assisterli è fondamentale”.
Maryam Rajavi ha ricordato che lo stato delle strutture delle case cittadine e rurali , l’assoluta carenza dei soccorsi che lasciano i nostri compatrioti indifesi anche di fronte alle calamità naturali, come questo devastante terremoto è una conseguenza del nefasto governo del velayat-e faghih che ha speso la maggior parte di ricchezza del paese per i suoi folli progetti nucleari e per alimentare la sua macchina mortale di repressione. 
Secondo le prime notizie il terremoto di oggi, il 16 aprile in cui le città Saravan e Khash sono completamente distrutte almeno 40 persone hanno preso la vita. Il terremoto di oggi è senza precedenti negli ultimi 50 anni in Iran. Dalle fonti del regime dei mullà non arriva ancora una relazione sui danni.
 Segretariato del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana
16 aprile 2013

Iran: Prigioniero politico fa lo sciopero della fame


CNRI - Il regime iraniano ha trasferito un prigioniero politico in sciopero della fame in quarantena in carcere. Egli è in sciopero della fame da Domenica 7 aprile, in segno di protesta per la mancanza di cure e la prevenzione del suo trasferimento ad un centro clinico. Il signor Mehdi Kukhian soffre di calcoli renali.

IHR Italia risponde a Beppe Grillo sull’Iran, dopo l’intervista pubblicata in Israele


Gentilissimo Beppe Grillo,
abbiamo letto sul Corriere della Sera di oggi (articolo di Francesco Battistini a pag.11) alcuni stralci di una sua intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot. Nell’impossibilità di leggere tutta l’intervista, ci limitiamo ad alcune precisazioni relative alla parte riportata nell’articolo in questione, partendo dal presupposto che lei ama l’Iran, a cui è legato per ragioni personali e affettive che comprendiamo perfettamente, ma noi di Iran Human Rights Italia Onlus non l’amiamo meno di lei. E proprio per questo ci adoperiamo, nel nostro piccolo, per difendere i diritti umani dei cittadini iraniani e per informare l’opinione pubblica italiana sulle violazioni a quei diritti commesse dalle autorità della Repubblica Islamica. Abbiamo recentemente lanciato il nostro sito, www.iranhr.it, proprio con questo obiettivo.
Per quanto riguarda il suo paragone tra l’applicazione della pena di morte in Iran e negli USA, noi naturalmente non facciamo classifiche. Ogni persona messa a morte per decisione di un tribunale di stato, a qualsiasi latitudine, e per qualsiasi reato, è per noi una ferita profonda. Al tempo stesso, i numeri sono un dato oggettivo al quale è utile fare riferimento. Nel 2011 negli USA 43 persone sono state messe a morte (dato in diminuzione rispetto alle 46 del 2010, frutto, questo, anche di una coscienza abolizionista che faticosamente, ma progressivamente sta prendendo piede in molti stati americani). In Iran il dato fornito dal rapporto annuale di Iran Human Rights è di 676 esecuzioni nel 2011 (in aumento rispetto al dato del 2010, 646). Ma, soprattutto, è diverso il contesto in cui la pena capitale viene comminata e applicata. Il 38% delle esecuzioni o non sono state rese note dalle autorità o sono avvenute in segreto, cioè senza darne comunicazione ad avvocati difensori e parenti degli imputati se non a sentenza eseguita. Una mancanza di trasparenza che non depone a favore dell’equità dei processi. Ma c’è di più.
In Iran l’81% delle persone messe a morte nel 2011 era stata condannata per traffico di droga. I processi si sono svolti nei tribunali rivoluzionari a porte chiuse e non è dato sapere se gli imputati abbiano avuto accesso ad avvocati e se i diritti della difesa siano stati garantiti. L’80% dei condannati per traffico di droga – quindi la grande maggioranza di coloro che sono stati messi a morte in Iran nel 2011 – non sono stati nemmeno identificati con nome e cognome, e perciò è impossibile trovare conferma delle accuse e certezza che il giudizio si sia svolto in modo equo. In almeno un caso, ma presumibilmente molti analoghi potrebbero essercene, sappiamo che una donna, Zahra Bahrami, che era stata arrestata durante le proteste seguite alle contestate elezioni presidenziali del 2009 e inizialmente condannata a morte per ragioni “politiche”, è stata poi invece impiccata con l’accusa di narcotraffico.
Al tempo stesso l’Iran mette a morte rei minorenni (gli USA no), cioè giovani che all’epoca in cui avevano commesso il reato non avevano ancora raggiunto la maggiore età: 4 nel 2011, due dei quali erano minorenni anche al momento dell’esecuzione.
Ricordiamo anche che in Iran è punibile con la pena di morte il reato di apostasia, cioè il passaggio dalla fede islamica a un altro credo religioso, e la sodomia, secondo quanto recita l’articolo 233 del nuovo codice penale islamico: “L’individuo che ha un ruolo attivo (nell’atto di sodomia) sarà punito con 100 frustate se l’atto sessuale è consensuale e se non è sposato; colui che invece ha un ruolo passivo sarà condannato a morte indipendentemente dal fatto che sia sposato o meno. Se la parte attiva non è un individuo di religione islamica mentre quella passiva lo è, entrambi saranno condannati a morte.
Lei ricorda di avere assistito a un’impiccagione in piazza, a Isfahan. Il ricorso alle esecuzioni in pubblico è in preoccupante aumento, in Iran: 65 solo nel 2011 (un dato di tre volte superiore alla media degli anni precedenti), spesso con ricorso a forme di spettacolarizzazione che dimostrano come sempre più le autorità iraniane usino la pena di morte come strumento per diffondere il terrore tra la gente e aumentare così il  “controllo sociale” del regime.
Molto spesso vittime delle esecuzioni sono membri di minoranze etniche: curdi, ahwazi, azeri.
I dati di questa prima metà del 2012 non incoraggiano all’ottimismo. Nel solo mese di maggio in Iran abbiamo avuto notizia di 78 esecuzioni.
Quanto ai diritti delle donne, lei afferma: “Ho scoperto che la donna, in Iran, è al centro della famiglia. Le nostre paure nascono da cose che non conosciamo.” È assolutamente vero che le donne iraniane, spesso colte, intelligentissime, forti e coraggiose sono il “centro della famiglia”. Ma a quale prezzo pagano questa “centralità”? Riteniamo che proprio la “conoscenza” della realtà passi da una corretta informazione sui diritti che la legge iraniana riconosce (o non riconosce) alle donne.
Secondo l’articolo 1041 del codice civile, l’età minima per il matrimonio di una donna è 13 anni. Il padre o anche il nonno della ragazza possono darla in moglie a un uomo di loro scelta, e di qualsiasi età. Quindi possono decidere, per assurdo, che una bambina di 13 anni sposi un vecchio settantenne. L’articolo 1060 del codice civile prevede invece che, se una donna iraniana intende sposare un uomo straniero, per farlo deve avere l’autorizzazione del governo. Mettendo insieme queste due leggi, se ne ricava che il diritto della donna iraniana a sposarsi con chi vuole è rimesso nelle mani dei maschi della sua famiglia o dello stato.
L’articolo 1108 del codice civile stabilisce che il marito è il capofamiglia e che la moglie gli deve obbedienza. Nel caso in cui la donna rifiuti di obbedire senza ragioni concrete, non avrà diritto agli alimenti. Pensiamo alle numerose conseguenze implicite in una norma di questo tipo. La donna è costretta ad avere rapporti sessuali con il marito anche contro la propria volontà; non può uscire di casa, non può viaggiare, non può lavorare senza il permesso del marito. L’obbligo ad avere il permesso del marito per lavorare fuori di casa è peraltro ribadito dall’articolo 1117 del codice civile, mentre gli articoli 11 e 18, riguardanti la normativa sul rilascio del passaporto, stabiliscono che la donna, sia per ottenere un passaporto che per viaggiare fuori del paese, ha bisogno del permesso scritto del marito, salvo casi di emergenza in cui sarà il procuratore generale a rilasciare il permesso: ancora una volta o è l’uomo di casa o è il funzionario dello stato a decidere della vita della donna.
La società iraniana non approva la poligamia, e perciò la legge non fa esplicito riferimento ad essa. Tuttavia in varie parti del codice civile la poligamia compare in modo indiretto, in articoli in cui a più riprese si parla della possibilità che un uomo abbia “delle mogli”. Il codice prevede anche, con l’articolo 1075, la possibilità del matrimonio a termine. Questo tipo di matrimonio è un vero e proprio contratto che un uomo può stipulare con un numero indefinito di donne oltre alla moglie “stabile”, con un termine che può essere compreso tra un’ora e 99 anni. Una specie di forma legalizzata di prostituzione.
Veniamo alla legge su divorzio. L’articolo 1133 del codice civile stabilisce che l’uomo può chiederlo e ottenerlo in qualsiasi momento e senza motivo. Altri articoli stabiliscono invece che la donna può chiederlo solo per gravi e comprovate ragioni che il giudice dovrà valutare e risconoscere: l’impossibilità del marito di mantenerla, l’assenza prolungata e continuata dal tetto coniugale, condanne penali superiori ai 5 anni, alcolismo o dipendenza da droghe, violenza entro le mura domestiche. Naturalmente che una donna possa semplicemente dire al marito: “Voglio il divorzio perché non ti amo più” è fuori discussione.
Una serie di articoli del codice civile, dal 1170 al 1180 e oltre, stabiliscono inoltre che la donna non ha diritto alla patria potestà sui figli. Questa spetta infatti al marito e al nonno paterno. Essi non possono cederla alla donna neppure volendolo. Se il marito muore, la patria potestà dei figli rimane solo al nonno paterno. La madre ha solo il diritto alla custodia dei figli fino ai 7 anni di età, quando sono più grandi nemmeno a quello. Ma anche quando ha diritto alla custodia, senza il permesso del marito e del nonno paterno non ha diritto a iscrivere il bambino o la bambina a scuola, non può ricoverare il figlio o la figlia in ospedale, non può aprire un conto in banca intestato al figlio o alla figlia. E qualora si risposi, perde anche il diritto alla custodia dei figli minori di 7 anni.
Per quanto riguarda il diritto all’eredità, la donna iraniana è molto semplicemente considerata dalla legge la metà dell’uomo. L’articolo 906 del codice civile prevede che se il defunto ha i genitori, il padre eredita i due terzi, la madre un terzo. Se non ha genitori – dicono l’articolo 907 e il 908 – i figli maschi devono ereditare il doppio delle figlie femmine. Se ci sono fratelli e sorelle, di nuovo, ai maschi spetta il doppio delle femmine. L’articolo 949 afferma che, in assenza di altri parenti, in caso di morte della moglie, il marito eredita l’intero patrimonio di lei; se invece a morire è il marito, la moglie eredita un quarto dei beni e il resto va allo stato.
Le cose non migliorano per quanto riguarda la cittadinanza. Secondo gli articoli 976 e 986 del codice civile, il figlio di padre iraniano è cittadino iraniano anche se la madre è straniera, mentre il figlio di madre iraniana e padre straniero non ha diritto alla cittadinanza, a meno che non sia nato in Iran e non viva per almeno un anno in Iran dopo aver compiuto i 18 anni. Questa impossibilità di trasferire la cittadinanza iraniana dalla madre ai figli di padre straniero ha delle precise ricadute sociali: basti pensare alle decine di migliaia di bambini figli di padre afgano o iracheno che non possono accedere all’educazione, alle cure mediche e a tutti quei diritti che spettano a un cittadino iraniano.
C’è poi la parte che riguarda il codice penale. L’età mimima per l’incriminazione è di 15 anni per i ragazzi e di appena 9 per le bambine. Il “Diye” e cioè la sanzione da pagare a una persona che subisce un danno fisico, per le donne soggette al danno è la metà di quella per gli uomini per lo stesso danno della stessa entità. Questo vale anche per il caso del prezzo da pagare come retribuzione in caso di omicidio; il prezzo per un uomo musulmano è il doppio di quello per una donna musulmana.
L’articolo 630 codifica il delitto d’onore. Il marito che scopra la moglie adultera nell’atto consumare con un altro uomo può uccidere entrambi. Solo nel caso in cui la donna non fosse consenziente può essere risparmiata.
Ricordiamo infine che in tribunale la testimonianza di un uomo vale quanto quella di due donne e che la donna che compare in pubblico senza hijab, cioè senza velo, può essere punita con una pena che va dai 2 ai 10 mesi di prigione.
Nel 2006 un gruppo di attiviste iraniane ha fondato la campagna Un milione di firme, che aveva lo scopo di raccogliere un milione di firme per una petizione indirizzata al parlamento iraniano per l’abolizione delle leggi discriminatorie. Il gruppo è stato decimato dagli arresti e dalle persecuzioni.
Tralasciamo le sue osservazioni sulla situazione economica del paese, perché richiederebbero valutazioni politiche che non competono a un’associazione per i diritti umani come la nostra, ma un’ultima considerazione ci sia permessa a proposito della sua frase: “Quelli che scappano sono oppositori.”
Comprenderà bene lei, come chiunque, che non si tratta di una situazione né normale né incoraggiante. Laddove un oppositore o un dissidente è costretto a lasciare il proprio paese perché la sua attività politica e la manifestazione del suo pensiero ne mettono a rischio la libertà o l’incolumità, siamo di fronte a una chiara violazione dei diritti elementari dell’uomo. Ed è esattamente ciò che accade nella Repubblica Islamica dell’Iran, dove dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009, migliaia di dissidenti, studenti, giornalisti, intellettuali, artisti, difensori dei diritti umani, attivisti per la parità di genere, esponenti di minoranze etniche, politiche e religiose sono stati arrestati, spesso posti in isolamento e torturati, sottoposti a processi iniqui (alcuni dei quali di massa e teletrasmessi dalla televisione di stato) in cui è stato loro negato l’accesso agli avvocati e che si sono conclusi con condanne a pene detentive molto severe, e talvolta  alla pena capitale. Molti altri sono stati costretti a lasciare l’Iran per sfuggire a tutto questo, e certo non solo perché il quadro politico del paese non era di loro gradimento.
Questo le dovevamo, proprio perché è vero, come lei afferma, che “le nostre paure nascono da cose che non conosciamo” e in questo caso non è la paura il sentimento che vorremmo evocare, ma – proprio attraverso la conoscenza dei fatti – un sincero moto di adesione alla causa dei diritti umani in Iran, per la quale continueremo a batterci.
Con stima
Marco Curatolo
Presidente di Iran Human Rights Italia Onlus